“Lo sport è la più grande metafora della vita”.
Un modello di riferimento per l’incremento della motivazione è rappresentato dal modello “T.A.R.G.E.T.”: acronimo di alcuni termini inglesi su cui focalizzare l’attenzione.
Il modello TARGET lavora sulla motivazione intrinseca orientata alla competenza.
“Lo sport è la più grande metafora della vita”. Così risponde Valentina Vezzali in una intervista alla domanda se lo sport aiuti alla vita o se ne sia solo una parentesi. “Lo sport ti porta sempre ad affrontare nuovi ostacoli, ti insegna ad imparare e a reagire, aspettando la prossima volta”.
Il rapporto che ognuno di noi ha con una qualsiasi attività fisica e/o sportiva è fortemente influenzato dalla componente motivazionale.
Per motivazione si intendono quelle dinamiche che inducono un individuo ad una determinata azione.
Il concetto di motivazione lo possiamo definire partendo da due componenti: la direzione e l’intensità.
Per direzione si intende la meta verso cui si dirige l’azione: cosa ci attrae, cosa cerchiamo, cosa ci stimola.
L’intensità si riferisce a quanto sforzo e impegno si mette nell’intraprendere e portare avanti un determinato scopo, azione, comportamento, pensiero.
Per incrementare maggiormente la motivazione occorre, come prima cosa, comprendere le motivazioni che spingono a partecipare o meno ad un compito, tenendo presenti non solo i fattori interni alla persona ma anche i fattori situazionali esterni.
È importante conoscere anche gli stili attributivi della persona, ovvero il modo in cui ciascuno spiega il successo e il fallimento.
T.A.R.G.E.T.
Un modello di riferimento per l’incremento della motivazione è rappresentato dal modello “TARGET” che rappresenta l’acronimo di alcuni termini inglesi su cui focalizzare l’attenzione.
Il modello TARGET lavora sulla motivazione intrinseca e orientata alla competenza:
T – Task (compito): compiti vari, diversificati e significativi per ogni atleta. Puntare ad eseguire compiti diversi o aspetti diversi di uno stesso compito rende meno dipendenti dal confronto sociale e più orientati all’acquisizione di competenze personali.
A – Authority (autorità): coinvolgimento degli atleti nelle scelte; la scelta deve avvenire tra opzioni equivalenti.
R – Recognition (riconoscimenti): esprimere apprezzamenti ed incoraggiamenti, rinforzare gli atteggiamenti e i comportamenti positivi. È importante che siano espressi in modo realistico e non come pura formalità.
G – Grouping (gruppo): utilizzare il lavoro di gruppo, favorire la collaborazione e la cooperazione. Cercare sempre di creare gruppi eterogenei e con criteri flessibili. Bisogna evitare il formarsi di gruppi stabili che potrebbero competere tra loro.
E – Evaluation (valutazione): fornire indicazioni, giudizi e critiche. Le valutazioni devono rispecchiare criteri individuali e personalizzati per ciascun atleta.
T – Time (tempo): stabilire e considerare tempi diversi, personalizzati per ciascun atleta. Sollecitare una gestione autonoma del tempo e delle attività, piuttosto che aderire a programmi prestabiliti di marcia.
A questo punto sarebbe utile chiedersi “Quante volte mi sono sentito in grado di poter raggiungere un qualunque obiettivo seppure con l’impegno necessario? Quante volte è prevalsa la paura di fallire e di essere giudicato?”
Nel caso ci si sia sentiti spesso nella seconda condizione, è utile tenere presente che nello Sport come nella Vita “non provare” e “non mettersi in gioco” per paura di fallire alimenta un circolo vizioso per cui non si fa nulla proprio per evitare di sbagliare.
La testimonianza di Valentina Vezzali è la prova di chi, accettando varie sfide che hanno portato sia a successi che ad insuccessi, è riuscita nel tempo a sentirsi una persona migliore, più capace e maggiormente in grado di far fronte agli imprevisti della vita.
In casi come questo, lo sport può essere veramente considerato una palestra di vita.
E noi abbiamo la stessa voglia di affrontare la vita?Cosa ne pensi tu della relazione che intercorre tra lo sport e la vita?
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