Diciamo la verità: dire agli altri ciò che devono o dovrebbero fare è facile. Studiare ed approfondire tecniche di sviluppo personale e miglioramento delle performance è per alcuni piacevole, per altri addirittura appassionante e stimolante. Fare un’attività che ti permette di confrontarti con persone e realtà diverse e di avere un’influenza positiva sulle vite degli altri è indubbiamente lusingante.
Ecco alcuni dei motivi che spiegano perché la professione del Mental Coach si sta sviluppando così rapidamente anche in Europa.
Ma la strada dello sviluppo delle competenze per diventare un ottimo Mental Coach è lunga e prevede un “passaggio obbligato” che molte persone non vogliono affrontare e rimandano nel tempo illudendosi che “non è così importante”: l’applicazione costante e in prima persona delle “tecniche” di coaching che fanno parte del metodo che si decide di seguire.
Di che cosa sto parlando?
Sto parlando della capacità di utilizzare al massimo le potenzialità della nostra Mente (concetto diverso da quello di Cervello) in ogni situazione che la Vita ci propone.
- Il Mental Coach di un tennista che insegna al suo cliente come gestire al meglio il dialogo interno in allenamento e in partita, DEVE essere in grado di sfruttare il proprio dialogo interno per identificare quali sono le domande potenzianti da porre al suo cliente;
- Il Mental Coach di un imprenditore che insegna al suo cliente come riconoscere le leve motivazionali dei collaboratori allo scopo di creare maggiore produttività e più benessere in azienda, DEVE essere capace di motivare suo figlio allo studio utilizzando le stesse “tecniche” in un contesto diverso;
- Il Mental Coach che insegna ad una squadra come programmare gli obiettivi di gruppo e individuali per la stagione sportiva o per il semestre aziendale, DEVE utilizzare le stesse tecniche per programmare la propria attività e per coordinarla con i membri della sua famiglia o con i suoi collaboratori.
Per essere un ottimo Mental Coach non occorre essere competente nella materia di specializzazione del proprio cliente o essere un ex atleta professionista, quello che conta e che “si vede” dall’esterno è la capacità di applicare le Abilità Mentali oggetto della professione in ogni campo della propria Vita, professionale e personale.
Sono molto d’accordo con quanto scrive Mauriza.
Sento il bisogno di specificare che per me il DEVE più molto ripreso e sottolineato in MAIUSCOLO ha da intendersi nell’accezione di dovere Dharmico” (legato alla respons-abilità, coerenza con la parola data e autenticità) e non di doverizzazione. Le doverizzazioni sono invece dei veri e propri “inquinanti della mente” che aprono le porte al senso di colpa e alla pre-occupazione, elementi che il Mental Coach ha il compito di non praticare verso di sé e gli altri. Grazie Maurizia per il tuo post.
Un caro saluto.
Andrea
Coach Maurizia, è andata in profondità con il suo post. Mi è chiaro che chiunque voglia padroneggiare un’abilità, in qualsiasi ambito, deve prima allenarsi in prima persona e “sperimentare” su se stesso quello che poi andrà a cercare di insegnare. se NON SI CONOSCE (anche praticamente), non si puo’ INSEGNARE. Imparare a vedere dall’esterno è un concetto, secondo me, fondamentale. “Lasciare fuori” le mie convinzioni, appoggiandomi alla mia filosofia di coach, cercando nel contempo, di capire i valori e le esigenze dei “clienti”, mi permetterà di migliorare la mia persona e di essere un buon coach. Un saluto a Coach Maurizia
Mario Canzi
Leggendo l’articolo mi sono soffermata a ragionare sul passaggio dove viene sottolineata la differenza tra due parole apparentemente molto siminili: Cervello e Mente.
La prima è immediatamente individuabile nell’organo fisico mentre la seconda è qualcosa di più profondo; si riferisce all’insieme delle attività cognitive di ogni essere vivente che sia dotato di coscienza, pensiero e linguaggio. E’ proprio su questo aspetto che il Mental Coach deve “agire”. Concordo con quanto letto nel post e nei commenti che bisogna imparare ad essere i primi a mettersi in gioco e provare le varie “tecniche” per prepararsi ed avvicinarsi nel modo più corretto a questa professione.
La maggior parte delle persone vivono sfruttando le loro potenzialità, fisiche intellettuali e morali, solo in minima parte. Tutti noi disponiamo di tali riserve di energia a cui potremmo attingere, e non ce lo immaginiamo neppure.
Iniziare a guardarci dentro, diventare consapevoli prima di tutto delle nostre potenzialità attuali per poi sperimentarle e svilupparle, è sicuramente il passo che precede la realizzazione verso la professione del Mental Coach. Un passo che va sostenuto da un allenamento continuo e sistematico che ( riprendo una frase che condivido con Maurizia ) conduce verso la capacità di applicare esternamente le Abilità mentali nell’ambito professionale e personale. Aggiungo un pensiero che mi suscita il post : per allenarsi è importante saper organizzare il proprio tempo. Credo sia il primo contrassegno di una mente ordinata . Con affetto. Silvia
Io chi sono, cosa faccio, come agisco, che convinzioni ho, che convenzioni uso, quale e quanta emotività ho, quanto dialogo interno ho, quanto stimo me stesso, come/dove sono migliorabile. Sono solo alcune domande che dovremmo tutti farci con una certa regolarità. Per metterci e rimetterci in gioco con la vita, con la nostra vita, e per non farci sopraffare dagli eventi, dalla quotidianità, da usi e costumi, dagli altri, per essere sereni ed essere in grado di affrontare TUTTO, dobbiamo avere l’approccio (mentale) giusto. Molti anni fa, quando ancora ero un manager in fasce, il mio capo di allora, durante la vita di un progetto di ampie proporzioni e con un impatto economico con cifra a sei zeri, mi disse: “You’ve got to strongly believe in yourself. Every day start the day with the greatest opinion of yourself. The rest will then come easily”. Parole importanti e dette con una tale enfasi che non potevo non ascoltarle. Forse si potrebbe fare qualche modifica di forma e di contenuto al testo, ma sicuramente sono parole importanti e a mio avviso ancora attuali. Se dovessi tradurre quelle parole dette da Adrian, le tradurrei così: TUTTO CIO’ DI CUI ABBIAMO BISOGNO DOBBIAMO SEMPLICEMENTE E SEMPRE CERCARLO DENTRO DI NOI, PERCHE’ E’ GIA’ LI’ DISPONIBILE DA SUBITO! E parlando di competenze, forse l’unica competenza che dobbiamo avere è quella di sapere scavare in noi stessi.
Essere se stessi,aprirsi alla vita,condividere in prima persona il menù del giorno sono a mio avviso condizioni indispensabili per iniziare con il “piede giusto” a guardarsi dentro.
il primo esempio da dare, il primo passo da fare,è sempre quello che facciamo insieme al nostro io profondo.
Nell’ambito familiare siamo osservati,seguiti,contraddetti da chi ci circonda.Focalizzare sempre ciò che immaginiamo,che tentiamo di realizzare nel “qui e ora” nell’ hic et nunc” del quotidiano è una buona pratica.
Porsi agli altri con il cuore e la mente aperti all’esperienza ci fà crescere e fà crescere.
Si cresce come padre,come compagno,come amante solo se l’apertura è convinta e non mediata.
Condivido a pieno con voi che ciò che può aiutarci a diventare ottimi mental coaches è fatto da tutto ciò che può migliorarci continuamente come donne e uomini che vivono realmente la vita,professionale e personale
un saluto sasà
Maurizia mi fà piacere leggere il tuo pensiero sull’argomento, che poi è anche il mio, e le osservazioni vengono spontanee.
Tu parli di studio,
preparazione,
abnegazione,pratica continua….in un paese come il nostro dove il sacrificio per apprendere è sempre più un’utopia. Secondo me , come avviene per tutte le news in Italia, l’avvento del fenomeno del mental coaching seguirà step ben definiti e di facile intuizione. Quando si inizierà a capire l’importanza della figura del mental coach, si inseriranno nelle aziende o nelle società sportive persone che vengono dallo stesso settore con un infarinata di nozioni prese quà e là. Quindi parlo per esempio di ex calciatori nel mio caso, che saranno privilegiati senza competenze…..come al solito. Succede così per quanto riguarda gli allenatori di calcio e per tanti altri ruoli purtroppo. Da noi è più importante una raccomandazione, una conoscenza che una preparazione adeguata alla mansione che si andrà a svolgere. E’ sempre stato così e le cose non cambieranno certo ora. Ovvio che vado avanti non curandomi di certe situazioni, ma è pur vero che,
obiettivamente, è dura….molto dura. Per il resto condivido a pieno le tue affermazioni sul metodo da usare ed il fine del mental coaching. In conclusione credo che la chiave per diventare un buon mental coach, almeno inizialmente, sia l’umiltà. Bisogna porsi in un atteggiamento mentale privo di presunzione, adatto a recepire ogni stimolo interno ed esterno, in modo da ampliare il proprio bagaglio personale, per poi poter aiutare gli altri. Non molliamo mai…..a presto!
Una delle prime lezioni che ho imparato tanti anni fa in università, alla facoltà di psicologia, è riassunta in questa frase: “la consapevolezza è il primo passo verso la guarigione”. Questo concetto credo si possa trasferire riprendendo ciò che ha scritto Maurizia in questo post: “la consapevolezza delle proprie abilità mentali è il primo passo per poter sviluppare le capacità mentali altrui”. A volte sembra molto più facile applicare delle tecniche sugli altri senza provarle prima su se stessi…. grosso errore perché forse ti può andare bene inizialmente ma, andando più avanti, ti rendi conto di star “sperimentando” su un’altra persona ciò che tu non hai mai sperimentato e che quindi non conosci veramente.