Perché se si tratta di mental coaching si pensa solo alla competizione?
Io vorrei focalizzare l’attenzione sulla preparazione dell’atleta, sul suo impegno e sull’importanza della preparazione mentale per prepararsi al meglio delle proprie possibilitá a un evento, anche quando non c’è competizione.

Per questo ho pensato alla figura di un atleta molto speciale: l’arbitro.

Ho avuto la possibilitá di incontrare una persona molto seria e preparata, l’arbitro Mauro Vivenzi e gli ho fatto qualche domanda in merito alla sua professione di arbitro e mental coaching.

Mauro Vivenzi, 38enne di Lumezzane (Bs), è arbitro dal 1993: nella stagione in corso (2013/2014) è assistente arbitrale di calcio in serie A.

 

INTERVISTA A MAURO VIVENZI: IL RUOLO DI ARBITRO E IL MENTAL COACHING

 

Buongiorno Mauro Vivenzi, grazie di aver accettato il mio invito. Ho sempre desiderato intervistare un arbitro. Lei è arbitro di quale categoria, innanzitutto?

Buongiorno Gianzelio. Io arbitro in seria A, sono guardalinee e quarto uomo. Ma possiamo darci del tu?

 

Certo, ti ringrazio.
Tanto per andare subito al sodo, da te vorrei sapere quanto pensi che la testa possa incidere sulla prestazione di un arbitro.

Penso che la testa incida in maniera determinante ai fini della prestazione arbitrale. Nulla va lasciato al caso, specialmente in categorie dove si è sottoposti ad una grande dose di stress. Essere allenati mentalmente significa anche avere la capacità di saper gestire le pressioni che ruotano attorno ad una partita di serie A.

 

Immaginavo che le pressioni fossero forti. E come lavora un atleta-arbitro per essere pronto mentalmente?

Man mano che nella carriera di un arbitro si sale di categoria, si arriva a un punto dove si è costantemente  in allenamento. L’allenamento diventa parte integrante dell’attività e l’allenamento mentale è prodotto dal continuo confronto con altri colleghi, dalle riunioni ai raduni di Coverciano, dal colloquio di fine gara con l’osservatore arbitrale, dal vivere l’ Associazione frequentando le sezioni; insomma, “dallo stare sempre sul pezzo”.

L’impegno è notevole, soprattutto perché un assistente arbitrale non si dedica esclusivamente a questa attività: ci sono il lavoro, la famiglia, impegni da coniugare bene tra loro.

 

Impegnativo davvero. E pensi che tra gli atleti-arbitro sia chiaro cosa può fare per loro un mental coach?

Io non mi sono mai rivolto a un mental coach, non conosco questa figura professionale in maniera così approfondita. Intuisco di cosa si occupa, ma non so di preciso quali siano le sue reali mansioni e competenze. Ma dopo questa intervista mi sono ripromesso che visiterò il sito di Mental Coaching che mi hai suggerito per scoprirne di più.

A mio modo di vedere, l’allenamento mentale viaggia di pari passo con quello fisico ed entrambi sono fondamentali ai fini della prestazione. Ripeto, non c’è un momento in cui ci si mette lì e si dice “ok, ora ci alleniamo mentalmente”. I nostri allenatori sono i designatori con le loro competenze e le loro esperienze. Sono i designatori che, prima di noi, hanno vissuto le difficoltà del mestiere e ora cercano di trasferirci i segreti per ottenere uno stato mentale il più vicino possibile a quello ideale.

Cosa è importante, nella tua esperienza, per un arbitro? A cosa deve puntare per una corretta preparazione mentale?

Credo che sia molto importante cercare sempre l’equilibrio.

Mi spiego meglio: è giusto essere consapevoli di essere pronti, preparati e “performanti”, ma è ancora più importante avere ben presente che l’errore possa essere dietro l’angolo. Ma non si deve mai aver paura di sbagliare.

Ci si deve impegnare con tutte le energie per mantenere sempre un livello di concentrazione altissimo, anche (o soprattutto) nelle fasi meno concitate della partita, dove è più facile cadere nel tranello di rilassarsi.

I nostri responsabili ci ripetono queste cose in continuazione. Ci fanno notare quali sono stati gli errori, per capire perché sono stati commessi, ma soprattutto ci danno sempre degli ottimi consigli per evitare che lo stesso errore si ripeta.

Ma la cosa più importante che fanno, a mio parere, è che non ti fanno mai mancare la loro fiducia, ti fanno sentire forte anche quando hai sbagliato. Quello che dovrebbe fare un mental coach per come lo vedo io.

 

Fiducia, concentrazione, stato ideale….sono alcuni degli aspetti che si possono allenare con un mental coach.

Ora vorrei concludere chiedendoti il tuo punto di vista della distinzione tra un arbitro autorevole ed uno autoritario. Cosa ne pensi?

Una delle prime cose che viene insegnata ai corsisti è che l’arbitro di calcio deve essere autorevole e non autoritario. La risposta al perché di questo la dà il vocabolario, perciò potrebbe sembrare semplice, ma non è così. Perché? Perché ha a che fare con degli esseri umani!
Prova ad immedesimarti nella parte di un calciatore che non ha commesso fallo ma al quale l’arbitro fischia comunque un rigore contro: l’arbitro autorevole è capace di farsi accettare anche in questo caso, perché precedentemente si è conquistato la sua fiducia e quella di tutti, il calciatore capirà che ha di fronte una persona intelligente che ha fatto un errore, ma non lo metterà in discussione in senso assoluto. Sicuramente
protesterà per il torto subito, ma avendolo riconosciuto come persona autorevole continuerà a fidarsi di lui anche dopo.
Colui che invece ha un atteggiamento autoritario viene accettato, (neanche tanto volentieri), fino a quando non commette un errore importante; viene accettato solo perché lui è l’arbitro, lui è il giudice di gara, fino a quando non succede qualcosa. Insomma, l’autoritarismo, in campo, non funziona, chi si fa portatore di questo atteggiamento viene annientato in pochissimo tempo! L’obiettivo è quello di farsi accettare come persona.