“A 20 anni o studi o lavori”, così si intitolava un breve articolo che girava sui social network qualche tempo fa. Allora ho iniziato a pensare e ripensare a questa frase, quanta verità e quanta quotidianità in queste poche parole.
Si perché ogni giorno un giovane ragazzo di età compresa tra i 18-25 anni si sente dire queste parole. Ma quante volte invece, viene pronunciata la frase “cosa ti piacerebbe fare nella tua vita?”, poche volte, pochissime purtroppo. I giovani d’oggi (che rappresentano una nuova generazione rispetto a quella passata, con valori e prospettive diverse) sono “vittime” di continue proiezioni da parte dei genitori, i quali vorrebbero che i figli realizzassero i loro sogni, quelli che per qualche motivo non hanno potuto realizzare. Ma è veramente giusto ciò? E’ veramente giusto che i genitori influenzino le scelte dei propri figli a 19 anni? Io penso di no; penso che sia giusto che ogni ragazzo trovi la propria strada, che ascolti il proprio sé interiore, che scopra le proprie potenzialità.
In un’indagine svolta su un campione di 5000 giovani (“la condizione giovanile in Italia, rapporto giovani 2018” dell’Istituto Giuseppe Toniolo) risulta che valori come indipendenza, libertà, creatività e cura delle relazioni interpersonali, sono ai primi posti nella classifica dei valori dei ragazzi d’oggi, a discapito di tradizione e potere che rappresentano i fanalini di coda di questa “classifica”. Questo piccolo dato statistico, non è altro una conferma di ciò che ho scritto sopra.
Detto ciò, come possono i ragazzi trovare la propria strada? Come può il coaching aiutarli? La risposta a quest’ultima domanda risiede già nella definizione originale della parola: essa deriva dal francese “coche”, tradotta con “carrozza”. Il coach infatti rappresenta il mezzo (la carrozza) tramite il quale il giovane ragazzo potrà raggiungere i suoi obiettivi.
Un percorso di coaching aiuta a scoprire le proprie abilità, aiuta il ragazzo a definire i propri obiettivi a breve e a lungo termine, aiuta tramite tecniche come: visualizzazione e dialogo interno a superare gli ostacoli quotidiani. Si perché c’è da dire, che essere giovani al giorno d’oggi non è facile, nello sport vincere è più importante che divertirsi e ciò porta spesso alla creazione di stati ansiosi da prestazione. A scuola i voti hanno più importanza della persona che si è (quando in realtà non dovrebbe essere un numero ad identificare una persona) e ciò crea ansia, ma allo stesso tempo può portare a sconforto e delusione in caso di brutto voto o di mancato rispetto delle alte aspettative dei genitori (perché? Un bel voto rende un figlio migliore?). Al lavoro se non hai un’adeguata preparazione (che molte volte la colpa non è solo dei ragazzi, ma anche del sistema scolastico che presenta moltissime lacune nell’ambito lavoro-scuola), vieni messo da parte o sfruttato a pochi soldi al mese per poi essere licenziati, e ciò provoca ancora stati ansiosi (poiché si pesa sulle spalle dei genitori, e quando si esce con gli amici si viene presi in giro perché si è senza lavoro), si prova desolazione, sconforto, paura di essere inadeguati.
Allora io a tutti i ragazzi dico: trovate la vostra strada, coltivate le vostre passioni, perché la vita è troppo breve per sprecare anche un solo minuto (che nessuno vi darà indietro) a fare una cosa che non sentite vostra. Le difficoltà ci saranno sempre, in ogni ambito e in ogni luogo, ma se sapete qual è la vostra strada, se sapete quali piccoli passi dovete percorrere per arrivare al vostro obiettivo finale, supererete tutto con minor paura. Perché come disse Laozi (filosofo cinese del 500 a.c), “ogni lungo viaggio inizia con un primo passo”.
Scrivi un commento