Quale stile per la leadership? E’ forse l’argomento più dibattuto e ricco di spunti di riflessione quando si parla del leader e delle modalità di estrinsecazione della sua attività. E mi viene in mente un parallelismo che spero sia interessante anche per voi che mi leggete.

Personalmente, quando ho iniziato ad occuparmi di progetti come team leader, da appassionato di calcio avevo sempre in mente la questione delle questioni, quella che anima le discussioni al bar con gli amici o le polemiche da stadio:

Sono più importanti gli schemi o gli atleti?

 

E’ chiaro che ogni allenatore, per poter decidere di applicare un determinato modulo tattico (4-3-3, 3-5-2, etc.), deve preliminarmente valutare le caratteristiche dei calciatori a sua disposizione  per stabilirne la funzionalità e poi procedere alla fase di addestramento.  Ma se l’allenatore incontra delle difficoltà nell’assimilazione da parte degli atleti del modulo prescelto, che atteggiamento dovrà assumere? Insisterà nelle sue idee e farà in modo da adattare gli atleti allo schema o, viceversa, riterrà opportuno cambiare modulo per praticarne uno più congeniale all’organico a disposizione?

Ecco, proviamo a pensare il domandone in chiave di leadership. A mio parere, è fondamentale che il leader valuti con la massima cura la squadra, le caratteristiche dei singoli e gli obiettivi personali: ciò comporta una impegnativa attività di  lettura e comprensione” della sua realtà operativa, poiché non esiste un modello efficace per tutte le situazioni e gli individui: di conseguenza, anche lo stile da adottare sarà di volta in volta diverso e quindi si può affermare che una leadership è tanto più efficace quanto più è flessibile.

A titolo esemplificativo:

  • un leader che punti tutto sulla “vision” deve poter lavorare per obiettivi innovativi di medio- lungo termine, magari con un team di nuovi assunti o di prospettiva;
  • nel caso in cui il team sia eterogeneo e gli obiettivi siano chiari e precisi lo sforzo sarà concentrato sulla mediazione, comprensione, interazione dei componenti del gruppo, evitando un confronto di “performance” che potrebbe creare molti più conflitti che stimoli;
  • con un team altamente specializzato, il leader può lavorare anche individualmente, facendo risaltare il suo ruolo di guida ed esempio e tenendo sotto osservazione soprattutto il livello di performance del gruppo;
  • un atteggiamento di apertura e condivisione, prendendo in considerazione tutti i punti di vista ed il coinvolgimento del gruppo nelle decisioni è attuabile se il team è altamente competente e vi sia il tempo per lavorare sul consenso;
  • all’opposto, uno stile più autoritario potrebbe rendersi necessario in presenza di collaboratori problematici o che necessitino di chiare istruzioni, mantenendo una salda direzione ed utilizzando feedback correttivi;
  • infine, last but not least, lo stile prediletto dei coach, ossia lo sviluppo della performance individuale e di obiettivi di medio – lungo termine, l’ascolto costante dei collaboratori ed un feedback continuo, efficace ai fini della formazione e dell’assunzione di responsabilità, di progressione di carriera, in una parola di crescita individuale e collettiva, meno efficace però nel caso di un gruppo con scarsa propensione al problem solving o che necessiti di essere diretto.

Come detto sopra, non esiste una misura universale. La scelta di uno stile o la combinazione di più stili è la ricetta che un leader dovrà adottare per esercitare il suo ruolo con efficacia.