Essere i migliori non è facile: tante responsabilità, grossissime aspettative, nessuna possibilità di sbagliare. Ovviamente anche fra i mental coach si può fare una classifica, valutare il più bravo, tenendo come metro di giudizio le sue doti e i risultati ottenuti. Prima di svelarvi però chi, a mio avviso, sia il miglior mental coach della storia, vi farò una brevissima carrellata delle doti che dovrebbe possedere.

Il miglior mental coach è quello che riesce a modificarti, quello che, metaforicamente parlando ti tarsforma da bruco in farfalla, mentre tu sei convinto che non potrai mai esserlo, che non è che un sogno irrealizzabile.

Il miglior mental coach è colui che ti dà fiducia, che pensa tu possa farcela a raggiungere l’obiettivo che tanto desideri e per questo si dedica anima e corpo a te; pretende, e tanto, ma allo stesso tempo ti sostiene.

Il miglior mental coach ti ascolta, ti ascolta davvero, non ha la presunzione di darti risposte da prendere come verità assoluta, di impartirti una lezione da imparare a memoria di cui il giorno dopo non ricorderai nulla. Il suo obiettivo è che tu ti realizzi a livello personale, che tu ottenga il risultato migliore, e per farlo sa benissimo che tutto deve partire da te. Ti offrirà gli strumenti per vagliare tutte le opzioni che si presenteranno, ti farà vedere le cose da un’altra prospettiva, a cui magari non saresti mai arrivato, ma il resto dovrai farlo tu.

Il miglior mental coach è colui che vede lungo, che sa che migliorarsi non è un processo immediato e semplice, che occorre tempo e quindi saprà pazientare e farti maturare con la giusta tranquillità, senza fretta, affinché tu sia pienamente consapevole delle tue capacità.

Il miglior mental coach è quello che ti stimola, che tocca le corde giuste perché tu agisca per migliorarti sempre più, perché tu non molli alla prima difficoltà.

Il miglior mental coach cambia la tua visione di vedere il mondo che ti circonda, di dona quella mentalità vincente da applicare nella vita quotidiana perché tu possa sempre pensare “Lo voglio, posso farcela, ne sono in grado”.

 

Concluso questo elenco, individuare il miglior mental coach mi riesce molto semplice. Non ho dubbi, infatti, è lui: è ENZO BEARZOT.

Perché direte voi? Perché incarna perfettamente quanto scritto sopra.

Bearzot, con le sue scelte un po’ impopolari e il silenzio stampa obbligato, trasformò la Nazionale, un gruppo disgregato e insicuro dei propri mezzi, in una corazzata che sbaragliò uno dopo l’altro avversari nettamente più forti sulla carta: Argentina, Brasile e Germania.

Vide nei suoi giocatori un potenziale che altri non avevano visto, sfidò questi scettici, conscio che una sua sconfitta avrebbe scatenato una miriade di commenti poco lusinghieri nei suoi confronti e lo avrebbe portato al gogna mediatica, rimanendo coerente con le sue scelte. Con il suo carisma e la sua fermezza seppe infondere ai giocatori la mentalità vincente per affrontare qualsiasi avversario e batterlo; gli diede fiducia e in cambio ottenne il loro massimo impegno per raggiungere quell’obiettivo: la vittoria al Bernabéu.

Sopperì ad un tasso tecnico non elevatissimo puntando sul fattore emotivo, sulla forza di volontà: dimostrare di poter vincere perché lo si desidera con ogni fibra del proprio corpo, che non c’è crampo che tenga se lo si vuole veramente.

Il supporto mentale di Bearzot, unito ad una buona preparazione tecnica, permise ai campioni del Mondiale dell’82 di essere preparati su tutti i fronti, di scendere in campo con la giusta determinazione e cattiveria agonistica, fondamentali per la vittoria finale.